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La Poesia
6/8/2014
Il pensiero è un momento di riflessione dell’essere-conoscente,
la poesia è una rifrazione della conoscenza nell’essere-senziente.
Il mondo, così rifratto, perde i suoi connotati di realtà
per assumerne di nuovi non contingenti, disvela la sua
frammentarietà, rimette in gioco la stabilità dell’essere-conoscente.
L’uomo indulge nella poesia; sa che è una conoscenza
falsata del reale, ma se ne compiace; “intravvedere
il mondo con occhi diversi” stimola la sua fantasia,
gli crea delle ragioni “alterne” dal suo modo di vivere,
si culla nella transitorietà delle immagini fino a sfumarne
i contenuti, si colloca nel relativo. Fu una intuizione
poetica quella che condusse il genio caparbio di Einstein alla più grande scoperta del nostro
tempo e la poesia greca è servita all’uomo più di quanto
non sia servita la sua filosofia. Non sempre però l’intuizione
poetica ha quegli effetti stimolanti e positivi; spesso provoca un abbandono delle
proprie responsabilità per magnificare aspetti inconsistenti
del reale: è anche il caso di grandi opere. La bellezza
di un canto non deve tradire l’uomo; non deve essere il canto delle sirene, una “visione” divaricata
del reale: è un’opera d’arte e come tale va considerata,
non ha da illustrare alcuna trascendenza, è frutto del
divenire della mente, non l’avvento del divino nell’uomo.
Shachespeare, per consentire ai suoi personaggi di esprimersi
in un linguaggio “magico” ha sempre scelto situazioni
da burla , sprigionando la fine ironia dei suoi non-sense.
La poesia espande fra gli uomini un senso di corrispondenza
col reale, che, esercitando la mente, li fa sentire meno
soli in questo smisurato universo, li esalta come gli attori
sul palcoscenico ove soltanto la magia della parola ha
il potere di suscitare gli applausi.
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